Che c'entra la volontà con l'empatia?

l’empatia, allora, nasce anche da una sospensione del giudizio su se stessi e sull’altro.
l’empatia, allora, nasce anche da una sospensione del giudizio su se stessi e sull’altro.

L'empatia è un tema spesso presente quando si fa riferimento alle relazioni umane. In qualsiasi ambito esse si svolgano. Lavoro, sociale, privato. Si parla, ad esempio, di persona empatica, leader empatico, venditore empatico. Anche se non sempre è chiaro cosa si intenda con "empatico" e che cosa sia l'empatia. Né se tale caratteristica (o qualità) personale sia attinente all'argomento di cui si discute.

Qui non si vuole dare certo una nuova definizione di empatia, bensì si intende proporne una visione più pragmatica che non va a sostituire quelle più frequenti. Vi si aggiunge, tutt'al più.

Si sa che l'empatia, a differenza della simpatia (che è stare con ..., senza distacchi e distinzioni), implica una distanza tra i protagonisti della relazione. L'empatia è un comprendere l'altro senza immedesimarvisi, o è un immedesimarsi nell'altro senza confondersi, o è confondersi con l'altro senza fondersi. In ogni caso prevede la persistenza del proprio nucleo identitario. Si tratta perciò di un particolare atteggiamento di apertura verso il prossimo che certamente poggia su caratteristiche personali: sensibilità, altruismo, curiosità, intelligenza emotiva.

In questa prospettiva una relazione empatica è uno speciale rapporto in cui ci si accetta vicendevolmente per quel si sé. O, almeno, uno accetta l'altro per quel che è, senza giudicare. O per meglio dire, facendo in modo che ciò che si pensa di quella persona non impedisca di comprendere senso e significato dei suoi comportamenti e delle sue affermazioni.

Se riteniamo plausibile tale punto di vista l'empatia, allora, nasce anche da una sospensione del giudizio su se stessi e sull'altro. Che non significa non avere un giudizio bensì vuol dire che la prospettiva da cui ci si osserva, e da cui si osserva la relazione con l'altro, non prevale sulla consapevolezza di quanto effettivamente sta accadendo nella relazione stessa.

In quest'ottica, dunque, empatia significa essere consci di quanto avviene dentro di sé e di quanto succede effettivamente fuori di sé. Allora essere empatici non implica ridurre distanze bensì essere consapevoli di tali separazioni e comunicare a partire da esse, comunicare nonostante esse.

Allora l'empatia, oltre ad essere il risultato di un utilizzo funzionale delle proprie emozioni e facoltà cognitive, costituisce anche l'esito di un atto decisionale. In sostanza, in alcune circostanze, bisogna decidere (volere) di essere empatici.

Riconoscere che l'atto decisionale è un ingrediente dell'empatia fornisce, chi per lavoro si occupa di relazioni, alcuni vantaggi:

  • se non si è empatici, si può imparare ad esserlo. Con metodo, ci si può addestrare in tal senso.
  • l'empatia, così intesa, dove assume rilevanza l'aspetto decisionale, bypassa variabili di cui non sempre si è dotati o di cui non si dispone proprio quando servirebbe un po' di empatia.

In ultima analisi, l'empatia, in alcune circostanze, per chi si occupa di relazioni umane è la risposta strategica ad un'urgenza: la decisione che deve assumere un leader aziendale nei riguardi di uno o più membri del team di lavoro, la risposta più convincente che il venditore deve dare al cliente per gestirne le obiezioni, la modalità più coerente, rispetto all'obiettivo, che il professionista d'aiuto deve mettere rapidamente in atto per gestire la resistenza al cambiamento del cliente/utente/paziente.

Insomma l'empatia, quando poggia su volontà e decisione, diventa un vero e proprio strumento di lavoro al pari di altri, acquisibile ed utilizzabile con addestramento e metodo. Al di là di specifiche caratteristiche caratteriali e di assunti filosofici-esistenziali.


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