TIME LINE MANAGEMENT

Il tempo, in azienda, non basta mai. Gli impegni, per il management, sono tanti. Alcuni si possono delegare, altri no. Dunque bisogna organizzarsi per ottimizzare i tempi e le energie. Per combinare l'efficacia all'efficienza.

Stephen Covey ha scritto alcuni decenni fa un testo che evidenzia un metodo operativo che attribuisce un ordine alle cose da fare in base alla loro importanza e alla loro urgenza. (1) L'autore ne ricava uno schema in cui gli impegni sono suddivisi in:

  • importanti e urgenti : da adempiere nell'immediato e non delegabili;
  • importanti e non urgenti: da adempiere con tempi medio/lunghi. Dunque da fare certamente eppure programmabili e procrastinabili;
  • non importanti e urgenti: cose da fare subito ma delegabili;
  • non importanti e non urgenti: solo spreco di tempo e di risorse. Dunque da evitare.

In base a questa matrice di il problema "tempo" sembrerebbe bello è risolto. Così non è. Lo stesso Covey, infatti, mette sull'avviso in merito al valore soggettivo dell'importanza e dell'urgenza. Un impegno, infatti, può risultare importante in un dato momento, in specifiche circostanze, in base alle convinzioni personali. Così come l'urgenza può derivare dall'emergere dell'emotività. Per cui si può giungere a ritenere un impegno prioritario solo perché il non farlo mette ansia. Perché si è sempre fatto così e rinunciarvi è destabilizzante. A volte la confusione tra emotività ed oggettività, tra importanza/ urgenza reali e quelle percepite non solo crea dispersione di tempo ed energia ma si traduce in un vero e proprio ostacolo al cambiamento

Facciamo un esempio.

In azienda, ogni lunedì mattina, il manager incontra tutti i responsabili di settore. Ci si saluta, si fanno due chiacchiere informali sul weekend appena concluso, ci si augura un buon inizio settimana, si fa il punto della situazione, si rivedono gli obiettivi programmati, si fissano nuove mete. Il tutto porta via mezz'ora, se va bene.

Il fatto è che questa mezz'ora (spesso di più, a volte molto di più) provoca un rallentamento delle attività da svolgere nell'arco dell'intera mattinata, il che si ripercuote sull'adempimento degli impegni assunti per il pomeriggio. Quando non gliela si fa, i ritardi si trasferiscono al giorno dopo. Certo, si può rivedere la strutturazione dell'agenda giornaliera e di quella settimanale: proprio questa operazione conduce il manager a valutare come la riunione del lunedì, invece che settimanale, possa diventare mensile. La si può tenere il primo lunedì del mese, ad esempio. Bene, tutto sembra risolto. Eppure lo stesso manager avverte un senso di insoddisfazione che accompagna questa nuova prospettiva: da un lato sa che una riunione mensile, a meno di emergenze, è più che adeguata. 

Dall'altro, è come se quella contrazione costituisse un allentare il controllo sul team.

Nella mente dell'imprenditore scorrono velocemente pensieri del tipo:

"Sapranno darsi da fare, senza la mia botta d'entusiasmo del lunedì mattina?".

"Sapranno cosa fare, senza le mie direttive?".

"Cosa penseranno che sia accaduto, nel momento che comunicherò questo cambiamento? Lo considereranno un segno di fiducia nei loro confronti o di disinteresse ?

Queste ed altre domande simili affastelleranno la mente del manager che, se prosegue su questa china, rischia di non distinguere più tra vissuto personale e realtà, tra importanza/urgenza percepite e quella effettive. Si troverà al bivio delle scelte: da un lato elaborare un comunicato ad hoc - dimostrando così di ritenere la riunione settimanale importante ma non urgente - oppure cedere all'emotività, attribuendo all'evento in questione l'etichetta "importante ed urgente" e aderendo, così, ad una sua zona di comfort: faccio in questo modo perché ho sempre fatto così.

Gli esempi potrebbero proseguire chiamando in causa altri momenti dell'esercizio del management: supervisionare il lavoro dell'ufficio marketing, appuntamenti con fornitori e consulenti esterni, stabilire le date per i colloqui di selezione, ecc. In ognuno di questi casi il manager assume delle decisioni e lo fa attribuendo ad ogni attività un gradiente di importanza e di urgenza. Si tratta di scelte in cui mette a confronto la sua emotività, le sue convinzioni e la sua razionalità.

Quest'ultima lo sostiene nel valutare gli esiti effettivi del fare o non fare, del delegare o del procedere in prima persona, dell'agire nell'immediato e del procrastinare. La facoltà di calcolo, dunque, gli permette di acquisire le informazioni necessarie e sufficienti ad operare la sua scelta. O, per meglio dire, gli permetterebbe ... Il nostro manager deve fare i conti, infatti, con la sue dimensioni emotive ed etiche/cognitive che, dal canto loro, alimentano come vive il fare/non fare, il delegare/ agire in prima persona, il farlo adesso o procrastinare.

Già in un altro intervento (2) è stato specificato come, nel momento della scelta, il manager vada incontro ad un groviglio emozionale la cui intensità è direttamente proporzionata all'entità della decisione, al suo oggetto ed ai suoi possibili e probabili esiti, e che a volte può rivelarsi logorante e bloccante.

Al di là di ogni formula e di qualsiasi matrice, anche nell'elaborazione della time line il manager necessita, quale premessa, della consapevolezza della propria emotività e dei propri giudizi e pre-giudizi, che va ad aggiungersi al prezioso apporto della dimensione razionale.

Ogni decisione, significativa o meno significativa che sia, inclusa l'elaborazione di un'agenda degli impegni efficace ed efficiente, implica la collaborazione tra tutte le componenti caratteriali: in Analisi Transazionale si direbbe che ci vuole l'intervento di ognuno degli Stati dell'Io, nei suoi versanti funzionali.

Il che può tradursi in un modello operativo che, con gli opportuni aggiustamenti a seconda delle circostanze e dell'oggetto della decisione, funge da riferimento ogni qualvolta il manager si trovi al bivio delle scelte tra ragione, etica ed emozioni. Per un esempio di tale modello rinviamo al lavoro già citato.

(1) Cfr. S. COVEY, Le 7 regole per avere successo, FrancoAngelli, Milano, 2017.

(2) Cfr. A. FALANGA, La leadership emozionale, Magazine ComunicAscolto.

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