La leadership emozionale

Il dilemma cosa fare/cosa non fare viene spesso risolto, in un senso o nell'altro, in base alla componente emotiva piuttosto che alla pura ragione.
Emozioni e intelligenza emotiva assumono sempre maggiore rilievo nelle attività di problem solving all'interno delle organizzazioni. La consapevolezza delle proprie emozioni e la capacità di rivolgersi a quelle altrui costituiscono competenze di cui un manager ed un leader non possono privarsi.
La competenza emotiva è dunque uno strumento indispensabile da inserire nella cassetta degli attrezzi di ogni manager, leader, coach, recruiter, formatore, tutor. Intendo quei professionisti per i
quali la capacità di districarsi tra i propri nodi emotivi è estremamente
rilevante e ciò specialmente quando si tratta di assumere decisioni importanti
per il benessere, materiale e immateriale, sia personale che collettivo. Sono
circostanze in cui l'emozione ha un ruolo imprescindibile: decidere significa scegliere tra due o più scenari e ciò sulla base
di informazioni che, per quanto accurate siano, sono accompagnate comunque da
un grado di imprevedibilità. Il dilemma cosa
fare/cosa non fare viene spesso risolto, in un senso o nell'altro, in base
alla componente emotiva piuttosto che alla pura ragione.
A tale riguardo diventa utile pensare ad un modello di gestione emozionale da adottare nell'esercizio del management quando bisogna operare una scelta: ad esempio un cambio di strategia di marketing, l'assunzione di un nuovo collaboratore, dare o non dare quella regola, accogliere o meno la richiesta di un dipendente, tenere conto e in che misura delle scelte dei competitors.
Si tratta di uno schema operativo che, se certamente non é un'analisi psico-fisiologica dell'emozione né una diagnosi psicologica di chi la sperimenta, allo stesso tempo si allontana dal senso comune e da facili formule consolatorie o pseudo-motivazionali.
Cominciamo con il definire a quale emozioni ci riferiamo e cosa intendiamo, qui, con questo termine. Sappiamo bene che il ventaglio di stati emotivi è molto articolato e ricco di sfumature. Così come siamo consapevoli che l'emozione è un groviglio psico-fisico molto composito. Qui non possiamo che sintetizzare e, dunque, limitarci ad assumere come riferimento paura, rabbia e tristezza.
Con il primo termine intendiamo il complesso di sensazioni fisiche, pensieri e convinzioni su di noi e gli altri che sperimentiamo quando riteniamo che qualcosa o qualcuno ci minacci. Si tratta di un'emozione che, in quest'ottica, si riferisce al futuro ovvero a ciò che accadrà tra un'ora o domani o l'anno prossimo. Eventi che, spesso, non ci sono noti. Che immaginiamo. Che possiamo solo ipotizzare eppure producono un'emozione intensa e a volte bloccante.
Con rabbia ci riferiamo ai vissuti sperimentati quando si ritiene di subire un danno. Essa, perciò, ha come scenario il presente. Il danno è materiale e/o immateriale, deriva da eventi o dai comportamenti altrui, a volte è più presunto che reale.
Tristezza è lo stato d'animo provato in occasione di una perdita: riguarda il passato, che sia un'ora o una settimana o dieci anni fa.
In realtà queste emozioni non sono così
ben definite ma si intrecciano l'una con l'altra al punto che, a volte, diventa
complicato riconoscerle. Perciò ci riferiremo ad emozioni prevalenti.

Il manager, nel momento della scelta, a volte incontra appunto un groviglio emozionale in cui primeggia la paura di sbagliare (con ciò che ne consegue materialmente e sotto l'aspetto psicologico/relazionale) che si intreccia con la rabbia (generata dal senso di impotenza che si prova in quella circostanza) e con la tristezza (perdita del senso di identità professionale). La paura, comunque, resta l'emozione dominante. Bloccante. Logorante.
Specifichiamo subito che rabbia, tristezza e paura non sono giuste o sbagliate, sane o insane, belle o brutte. Le emozioni sono funzionali o disfunzionali, possono sostenerci o bloccarci.
Come fa un manager, nel momento della scelta, a sentire se quella sua paura ha un fondamento? Quali sono i parametri di cui deve tenere conto per riconoscerne il motivo d'essere? E a tradurla da vissuto disfunzionale a funzionale?
A partire da queste premesse il modello si
sviluppa attraverso alcuni interrogativi che il manager si pone in riferimento all'emozione che, in quella fase del
processo decisionale, sente come ostacolo.
Modello gestionale
- la mia paura, considerando le risorse materiali ed immateriali di cui dispongo è lecita? Ovvero ha motivo di essere?
- risorse materiali: soldi - collaboratori - strumenti e supporti tecnologici - spazi
- risorse immateriali: tempo - conoscenze- competenze
· se la paura è connessa ad un evento ancora non verificatosi, e che temo possa verificarsi, attraverso quali comportamenti e con quali risorse ho modo di prevenirlo?
· sono già dotato di queste risorse?
· Si: cosa o chi mi impedisce di attivarle?
· No: in che modo posso procurarmele?
· Qual è l'impatto che tale evento, qualora si verificasse, avrebbe sulla realizzazione dei miei obiettivi?
- materiale: es. insuccesso economico.
- immateriale : es. calo di autostima.
- materiale e immateriale: es. insuccesso economico e calo di autostima.
· quali strumenti ho per ridurne la portata qualora non potessi evitarlo?
- materiali: es. fondo per emergenze.
- immateriali: es. consapevolezza del mio percorso professionale e dei successi passati.
· ho già vissuto, in passato, l'evento che temo si verifichi?
- Si: con quali effetti?
- nulli
- di lieve entità
- di forte entità
--Quali soluzioni ho adottato?
--Sono soluzioni riproponibili oggi?
No- quali alternative sono possibili? Cosa fare per realizzarle?
Si- ho le risorse disponibili?
--Si
--No: come dotarmene?
- No: per quale motivo in particolare potrebbe verificarsi proprio adesso?
i. Cambiamento di condizioni micro-economiche/sociali: come intervenire?
ii. Scarsità di risorse: come colmare le lacune?
iii. Nessun motivo in particolare.
Conclusioni:
Il contenuto della paura è un evento:
- possibile e improbabile
- possibile e probabile
- ho le risorse per prevenirlo e so come utilizzarle
- non ho le risorse per prevenirlo e so come dotarmene e come utilizzarle
- improbabile
Naturalmente lo schema non è esaustivo: ogni livello include sotto-livelli con ulteriori quesiti ed altrettante risposte.
Lo schema qui riportato è comunque adeguato a:
- dare ristoro emotivo, ossia attenuare tensioni e sterili logorii;
- circoscrivere nel modo più accurato possibile il vero oggetto della paura e, perciò, operare una distinzione tra dentro e fuori, tra interpretazioni e fatti, tra vissuti (semmai legati ad esperienze passate) e l'attualità.
- individuare le migliori risorse materiali ed immateriali per prevenire la minaccia, una volta definitane la realtà, e gestirne l'impatto.