IL LEADER DEVE ISPIRARE O ESSERE DI ESEMPIO

"Essere un esempio significa, in estrema sintesi, rappresentare una traccia comportamentale sulla quale gli altri dovrebbero adattare le proprie scelte ed i propri atteggiamenti. Ispirare, al contrario, vuol dire alimentare negli altri le energie fisiche e mentali affinché si generino scelte autentiche e comportamenti autonomi, non riconducibili ad altri ... eppure da qualcun altro favoriti. Ispirati, appunto."


Non c'è genitore che, almeno una volta, non abbia esortato i propri figli a seguire le orme dei migliori. Tale orientamento è spesso adottato anche nelle organizzazioni, lì dove il management esorta il team a seguire l'esempio "di chi ne sa più di voi/ di chi ha avuto successo".

Lo stesso leader, in alcuni casi, è il modello: più competente, più motivato, più tutto. È lei/lui l'esempio da seguire per chi voglia realizzare il salto di qualità professionale.

Funziona, questa strategia? La vita di qualcuno, nella professione o in altri settori, è effettivamente mutata in meglio grazie all'avere seguito l'esempio di ...? Quella persona concretamente si è comportata come ha fatto qualcun altro nella stessa circostanza o in circostanze simili? 

La vita ci insegna che:

  • l'efficacia di un'azione deriva da molteplici variabili esterne ed interne alla persona. In sintesi, posso volere seguire l'esempio del migliore con tutte le mie forze per poi accorgermi che il migliore è tale perché possiede doti fisiche ed intellettuali che io non ho. Dunque si conferma che il binomio volontà/motivazione (che poi si escludono a vicenda, anche se spesso sono intese come sinonimi) non basta e che volere non è (sempre) potere;
  • spesso l'esempio che si segue è quello in negativo mentre il modello positivo per lo più viene visto come qualcosa di eccezionale e, dunque, irraggiungibile o derivante da circostanze fortuite (genetica, particolari capacità intellettive, ecc.). In quanto tale non è riproponibile.

La funzione del leader, perciò, più che fare da modello a cui aspirare, è quella di ispirare. Non si tratta semplicemente di un gioco verbale bensì di un vero e proprio cambio di prospettiva, con nuovi contenuti ed obiettivi.

Essere un esempio significa, in estrema sintesi, rappresentare una traccia comportamentale sulla quale gli altri dovrebbero adattare le proprie scelte ed i propri atteggiamenti. Ispirare, al contrario, vuol dire alimentare negli altri le energie fisiche e mentali affinché si generino scelte autentiche e comportamenti autonomi, non riconducibili ad altri ... eppure da qualcun altro favoriti. Ispirati, appunto.


Pertanto viene da chiedersi: in che modo si ispira? Quali doti bisogna possedere, per ispirare?

Cominciamo con l'affermare che ispirare significa che si è in possesso di una visione, ovvero si possiede un obiettivo a-temporale, privo di scadenza. Il che non vuol dire che sia irraggiungibile (o che sia il famigerato sogno) bensì che è sempre rinnovabile.

Facciamo un esempio: per il management aziendale un obiettivo può essere raddoppiare la produttività rispetto allo scorso anno. Un bel traguardo, certamente ambizioso e che richiede impegno. Una volta raddoppiata la produttività, comunque, l'obiettivo è centrato. Sicuramente si apriranno nuovi ed interessanti scenari per l'azienda, resta il fatto che quella specifica questione è risolta.

Per la medesima azienda, invece, la visione può essere fare il salto di qualità, il che significa: aumento della produttività, persistenza dei risultati positivi, implementazione delle competenze all'interno dello staff, benessere fisico e mentale dei quadri aziendali, ricadute positive della qualità del lavoro e della vita in genere di chi appartiene all'azienda. Si tratta insomma di una serie di mete che non possono mai dirsi definitive. Esse costituiscono non solo qualcosa di tangibile bensì posseggono anche una qualità intangibile: veicolano valori, sono esse stesse valori.


Ispirare, poi, richiede che si posseggano particolari doti comunicative che rendano il soggetto (singolo o collettivo) capace di trasmettere all'esterno in maniera chiara ed accessibile, ma non semplificando, i suddetti valori.

Ecco l'importanza che assume per un'Organizzazione l'attività di storytelling. Per il leader, poi, tale peculiarità si traduce nella capacità di parlare di sé senza mai accennare a se stesso/ a. Un leader non dirà mai "quando io avevo la vostra età ... ", "... ai miei tempi", "... io, al vostro posto, avrei fatto così". Il leader parla degli altri, quando si rivolge agli altri, ed è orientato sempre verso il comportamento e mai verso il carattere personale.

Il leader, ad esempio, in occasione di un briefing con il suo staff, non dirà

"Come fate a non capire che è importante raggiungere l'obiettivo mensile?"

bensì

"Siccome abbiamo un obiettivo mensile da raggiungere, e meritiamo raggiungerlo perché ci siamo impegnati, da questo momento voglio da tutti voi la massima concentrazione".

Il leader è, per i follower, fonte di emozioni, pensieri, idee, progetti. Attrae a sé, favorendo comunque autonomia. Non è al centro e non è nemmeno, necessariamente, davanti. Ciò che conta è che egli/ella è. Il leader non spinge. Non esorta. Non motiva. Il leader è. 

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